Central and East European
Society for Phenomenology

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Gli occhiali di Husserl

Fabio Grigenti(University of Padova)

pp. 11-20

Lines

La tecnologia assente

1La visione Husserliana della scienza è nota – e sappiamo quanto pervasivamente essa abbia agito sul discorso della filosofia nel Nove|cento. Diversa è la situazione per quanto riguarda la tecnica. In un libro importante Ron Ihde, chiedendosi che ne è del problema della tecnica in Husserl, parla esplicitamente di una Missing Technology (Ihde 2016). L’aggettivo – missing – può avere due significati: per un verso esprime il carattere dell’essere completamente assente, per l’altro missing dice la condizione della cosa che è stata smarrita, ma solo dopo aver avuto un tempo in cui era stata presente. La prima accezione è quella dominante, e pare corrispondere al rilievo che Ihde intende dare alla questione della tecno-logia nel discorso di Husserl: essa manca innanzitutto e contingentemente perché ne rimangono solo tracce testuali sparute e occasionali; essa manca soprattutto ed essenzialmente per la ragione che Husserl non avrebbe potuto pensare a una dimensione della tecno-logia se non come elemento sotto-ordinato di una scienza intesa come teoria pura e apoditticamente dispiegata nel sistema – unico e universale – della verità1.

2Il segno più evidente di questa disposizione husserliana in favore di un sapere che maneggia gli apparati sperimentali in vista della sola determinazione ideale e astratta, escludendo che quest’ultima possa venire, anche solo in parte, condizionata dalle nuove pratiche di artificializzazione dell’esperienza attraverso strumenti – è per Ihde racchiuso nella comprensione offerta da Husserl della scienza galileiana. Grazie a Galileo, sostiene il filosofo, la scienza moderna si configura prima di tutto e nella sua essenza come una strategia di matematizzazione della totalità dell’essere, e questa resterà la sua missione, nonostante Galileo stesso considerasse il telescopio un ausilio irrinunciabile alle sue ricerche e giudicasse il suo potere superiore rispetto alle capacità limitate e fallibili della visione oculare. Come vedremo, questo rapporto tra il sapere e la tecno-strumentalità non sfugge completamente a Husserl, ma è difficile delineare con precisione il ruolo che egli ascrisse all’uso degli artefatti nella costruzione del sapere.

3Husserl portava gli occhiali; nella maggior parte delle foto che di lui ci sono rimaste egli è raffigurato con le tipiche lenti rotonde in voga tra i professori della sua epoca. Non solo, ma il filosofo doveva aver avuto una certa familiarità con altri dispositivi ottici, il telescopio in particolare, se non altro perché si tratta di strumenti che non si poteva evitare di incontrare durante un percorso di studi come quello seguito da Husserl a Lipsia tra il 1876 e il 18782. Non pare nemmeno essere sfuggita a Husserl l’importanza della fotografia3, e sebbene egli non elabori un‘esplicita filosofia dell’immagine artificiale, il suo discorso non risulta mai affetto da alcuna precomprensione pregiudiziale circa l’uso delle macchine. Husserl usa la penna per svolgere la sua attività professionale ma, per quanto si possa rilevare, non dimostra mai fastidio per la macchina da scrivere; la sua trascuratezza per l’artificiale sembra essere il prodotto di quella mancanza di attenzione che solitamente si verifica quando le cose ci sono troppo vicine, così come appunto accade con gli occhiali. Il loro quasi aderire all’occhio – che in breve li fa scomparire come oggetto esteriore – non consente quella distanza dello sguardo che fa rilevare qualcosa come un problema. Agli occhiali – dopo un breve smarrimento iniziale – ci si abitua facilmente, in breve essi non si aggiungono, ma prendono parte da vicino all’atto psico-somatico della visione. Forse è proprio a questa familiarità che si deve la strana svista attribuita a Husserl circa l’importanza della tecnica.

Il telescopio di Husserl

4In realtà, la situazione è più articolata. Non è del tutto vero che Husserl non si accorse della tecnologia; certo, le sue osservazioni su questo tema sono pochissime e di non facile interpretazione4. Esse attengono non agli occhiali – troppo vicini, come abbiamo detto – ma al telescopio e al microscopio, che però sono lo stesso sul piano di ciò che, in forza di essi, si rende effettuale in rapporto all’esperienza umana del mondo.

5Prima dello sguardo sui testi, tuttavia, va chiarito il problema da cui può prendere forza la nostra lettura. Se si intende seriamente la questione dei tecno-strumenti in Husserl, essa non dovrebbe corris|pondere al gioco un po‘ superficiale della frequenza o della rarità di un tema, o della sua eventuale assenza (come se questo bastasse a determinare una decisione ultimativa) – ma alla domanda circa la possibilità che una certa grammatica filosofica, quella che storicamente si è auto-definita fenomenologia, ha avuto di parlare dell’oggetto in termini di un’istanza iper-agente e quindi non più condannata alla passività di una condizione pensata come semplice presenza.

6Si tratta, insomma, di chiedersi se sia tra le risorse di un discorso che intende programmaticamente andare nella direzione delle „cose stesse“ – dove per selbst (stesso) dovrebbe intendersi un certo protagonismo degli enti, una loro autonoma e non maneggiabile estaticità – anche quella di non ripetere il motivo dell‘immobile fissità di esseri capaci di animarsi solo in relazione a ciò che un soggetto di essi dispone.

7Ma che cosa scrive esattamente Husserl sul telescopio (e sul microscopio)?

È altrettanto chiaro che, una volta ordinate in questa maniera normalità e anormalità […] qualsiasi miglioramento della perfe|zione, sia esso avvenuto naturalmente, sotto la guida della volontà o della ragione dell‘uomo – e correlativamente ogni miglioramento dell‘organizzazione psicofisica – produce un nuovo e relativamente normale modo della verità con la sua nuova e relativa legalità. L‘invenzione di mezzi artificiali per aumentare la potenza, il raggio di azione, in generale la perfezione dell’esperienza naturale (il microscopio etc.) va considerata come equivalente a un miglioramento e al completamento della formazione degli organi naturali nello stadio adulto (Husserl 2008, § 3, 659)5.

8In questo passaggio, Husserl considera strettamente legati l’inven|zione di strumenti capaci di potenziare le capacità umane di fare esperienza del mondo e il miglioramento (Besserung) dell‘organiz|zazione psico-fisica degli organi di senso. Non è chiaro se il primo evento – lo sviluppo delle tecnologie della visione – debba essere considerato la causa del secondo; in ogni caso si tratta di circostanze che si danno correlativamente (korrelativ): se accade la prima, dobbiamo aspettarci anche la seconda. Per quanto riguarda il livello di perfezione (Volkommenheit) raggiunto nella scienza grazie all’ausilio di apparecchiature, esso produce – così sembra – un ampliamento solo relativo (relativ) e non assoluto delle capacità umane. L’aumen|tato potere della sensibilità non apre a un nuovo ordine di verità, incommensurabile a quello naturale, ma introduce solo un grado di maggior perfezionamento, che deve essere considerato del tutto congruente con lo sviluppo „normale“ degli organi di senso, così come si verifica con l’affinamento delle prestazioni pecettive riscontrabile negli esseri senzienti quando raggiungono lo stadio adulto.

9Secondo Husserl, l’irruzione della tecnologia nella costruzione del sapere deve essere riguardata come tappa di un processo in base al quale la verità non è data in un sol colpo e nella sua definitiva compiutezza, ma è guadagnata lungo un cammino che si svolge attraverso gradi parziali e tuttavia sempre riconducibili a un assoluto (absolut), il quale coincide con l’insieme dello sviluppo:

Ma in quanto la verità rimane verità, in quanto idea di una connessione in se stessa universalmente verificata di esperienze essa resta la medesima in ogni grado, dove ciò che è vero a un livello inferiore, resta vero anche in quello più elevato (Husserl 2008, 706-707).6

10Lo svolgersi „relativo“ della verità assume dunque un senso teleologico, che si distende attraverso livelli (Stufen) incrementali, in ciascuno dei quali ciò che era guadagnato precedentemente non viene lasciato indietro come „il non più vero“, ma conservato, anche se ora l‘ammontare di adeguatezza nella descrizione del mondo appare maggiore sotto molteplici aspetti. L’elemento degno di rilievo in tale prospettiva – che fa del sapere un processo di acquisizione di sempre maggior conoscenza – è il richiamo al fatto che gli strumenti sono parte ineliminabile della dinamica di perfezionamento così delineata. Pensando probabilmente a Galileo, Husserl fa riferimento all’esperienza del percepire un oggetto prima attraverso i sensi e poi con uno strumento. È il caso del telescopio e del passaggio decisivo tra l’osservazione del cielo a occhio nudo e l’esplorazione condotta con l’ausilio di lenti assemblate in un dispositivo in base al quale la possibilità del „vedere lontano“ diviene fattore essenziale per l‘elaborazione di una nuova visione complessiva dell’universo.

11Ora, proprio a questo punto della descrizione fenomenologica, ossia nel passaggio in cui il discorso incontra l’oggetto e il ruolo che esso gioca nell‘innalzamento a un nuovo gradino della verità, Husserl introduce il concetto di accomodazione (Akkomodation), che egli riferisce immediatamente al processo di avanzamento per „gradi“ del sapere:

la scoperta di mezzi strumentali che producono trasformazioni dei fenomeni da interpretare come „avvicinamenti“, il perfezionamento dei quali va di pari passo col sempre possibile nuovo perfezionamento dell’orizzonte aperto dell’empiricità. Nel corso del tempo e dello sviluppo umano si differenziano gradi. A ognuno di questi appartiene un ottimale livello di accomodazione, e oltre a ciò una sempre rinnovata verità relativa oppure un mondo come esso è in una verità che è sempre di nuovo da provare in base a una (anche presuntiva) esperienza condivisa. In seguito alla scoperta di questa accomodazione il mondo dell’esperienza guadagna un senso presuntivo come esso è in base a questa accomodazione, ma allo stesso tempo come mondo che attraverso sempre nuove accomodazioni sarebbe dato diversamente, in altri gradi di verità provabile. Il fatto fondamentale di ogni accomodazione, sperimentare il medesimo sotto diversi livelli di perfezione, si trasmette ai livelli di accomodazione (Husserl 2008, 705)7.

12In oftalmologia, il fenomeno dell’accomodazione è il meccanismo autonomo dell’organo oculare in base al quale l'aumento della curvatura della superficie anteriore del cristallino tramite il muscolo ciliare avviene meccanicamente. In base a esso si formano sulla retina immagini a fuoco di oggetti posti a distanza inferiore rispetto al punto remoto nella visione emmetrope. Si tratta, come si è già detto, di un dispositivo di autoregolazione automatica, che anticipa ogni ulteriore rielaborazione cognitiva. Esso si deve all’occhio e alla sua interna struttura la quale, grazie alle particolari lenti deformabili di cui è dotata, può modificare la propria capacità di rifrazione, consentendo la messa a fuoco di oggetti posti a distanze diverse. La contrazione e il rilassamento del muscolo ciliare – al quale è appeso il cristallino – determina l’allungamento o l’espansione di quest’ul|timo, favorendo alternativamente la visione da lontano (avvicinamento) o quella da vicino (allontanamento).

13Ora, nell’ultimo passo che abbiamo riportato, il processo di accomodazione non riguarda principalmente l’occhio umano e l’esperienza naturale di oggetti che si danno nei paraggi del nostro apparato percettivo, ma la visione di entità poste a distanze tali da rendere necessario il ricorso a dispositivi tecnologici capaci di aumentare il grado di efficenza della funzione visiva. La superficie lunare non è invisibile a occhio nudo, ma lo è a un grado così limitato che la nuova possibilità di esperienza assicurata dal telescopio diviene ora il grado più completo – e perciò vero – della verità concernente l’oggetto. Ma come può accadere questo, se non è l’organo oculare (in base al suo potere di accomodazione) ad assicurare il passaggio a questo livello di precisione nella conoscenza dell’oggetto? La trasformazione si deve evidentemente allo strumento il quale, nella sua struttura, non fa altro che ripetere e fissare in forma “più perfetta” il gioco della visione a distanza già attuato dall’occhio naturale. Il telescopio, ripetendo attraverso un’opportuna disposizione di lenti il meccanismo di adattamento del cristallino, si comporta come un occhio aumentato capace di produrre un’espansione del campo di esperienza in senso iper-funzionale. Esso non trasforma il vedere nella sua essenza, ma espande il campo di potenza della visione fino a garantire un riassetto complessivo della verità, che ora si dispone a un diverso grado di perfezione rispetto alla precedente situazione di normalità.

14Il telescopio non è un semplice mezzo, ma un iper-oggetto; esso esercita un ruolo non dispensabile e attivo nella costituzione de un certo assetto del sapere.

Tecno-fenomenologia?

15Forse Husserl non sottoscriverebbe del tutto questa conclusione, e tuttavia essa appare congruente con il ruolo che egli ascrive agli strumenti. Telescopio e microscopio – ma egli sembra estendere le sue determinazioni a ogni dispositivo capace di amplificare l’esperienza umana del mondo – svolgono una funzione che abbiamo definito iper-funzionale. Una certa capacità dell’organo naturale, in questo caso l’accomodazione visiva, viene riprodotta artificialmente secondo parametri di attuazione che consentono di sperimentare il medesimo – gli oggetti della visione naturale – sotto un maggior grado di perfezione. Nel passaggio al modo dell’esperienza del mondo mediata dagli apparati, assistiamo a un doppio processo di accomodamento: da un lato si determina una nuova posizione del soggetto, che ora può conoscere da un punto di vista del tutto nuovo; dall'altro, l’oggetto arriva a mostrare aspetti impossibili da catturare con la sola sensibilità naturale. In forza dello strumento, lato soggettivo e oggettivo dell’esperienza riconfigurano il loro rapporto, producendo così un ordine della verità maggiormente vicino a un telos, che si realizza come relativo in ciascun passaggio e come assoluto nell’insieme del processo.

16Non è ancora una teoria dei tecno-oggetti, ma dobbiamo a Husserl un’intuizione che forse aiuterà a costruirla.

    Notes

  • 1 Così Ihde: “Nessuno affermerebbe che Husserl sia stato un fondatore della tecno-filosofia sebbene i suoi scritti sulla scienza restino non occasionali e assolutamente essenziali [...] Husserl per tutta la sua vita fu fedele all’idea del primato della scienza sulla tecnologia. Da questo punto di vista egli resta assolutamente moderno” (Ihde 2016, 1).
  • 2 Anche Ihde perviene alla stessa e identica conclusione: „In nessun punto dei mano|scritti è espressa una fenomenologia dell’uso strumentale né si ha l'impressione che lo stesso Husserl abbia avuto esperienza diretta con un telescopio o un microscopio. Ma questo suona strano, perché egli aveva studiato astronomia, matematica, logica e filosofia a Lipsia dal 1876 al 1878“ (Cfr. Ihde 2016, 25).
  • 3 La cosa è oramai assodata tra gli studiosi di Husserl; si veda ad esempio le consi|derazioni di V. Biceaga, Picturing Phenomena: Husserl on Photography (Biceaga 2010).
  • 4 I testi a cui ci si riferisce sono in particolare quelli pubblicati in Husserliana 39 (Hus|serl 2008) e ripresi ad esempio da H. Brown, Galileo on the Telescope and the Eye (Brown 1985).
  • 5 „Ebenso ist es klar, dass, wenn einmal in dieser Weise Normalität und Anomalität geordnet ist […], jede natürlich erwachsende oder unter Leitung menschlicher Willkür oder menschlicher Vernunft erworbene Besserung der Vollkommenheit - und korrelativ jede Besserung ihrer psychophysischen Organisation - eine neue, relativ normale Wahrheit schafft mit neuer relativer Rechtmäßigkeit. Es ist hierher zu rechnen die Erfindung von Kunstmitteln, um die Macht, die Weite, überhaupt die Vollkommenheit der natürlichen Erfahrung zu erhöhen (Mikroskop etc.), was ja einer Besserung, einer ergänzen – den Ausgestaltung der natürlich erwachsenden Organe gleichkommt“.
  • 6 „Aber insofern bleibt Wahrheit Wahrheit, als die Idee eines sich einstimmig bewährenden Zusammenhangs von Erfahrungen desselben in jeder neuen Stufe verbleibt und dasselbe, was wahrhaft Seiendes der früheren Stufe ist, wahrhaft seiend auch verbleibt in der höheren“.
  • 7 „Aber: Entdeckung von instrumentalen Mitteln von Erscheinungswandlungen, die als Annäherungen zu interpretieren sind, sowie deren Vervollkommnung mit dem empirisch-offenen Horizont immer wieder möglicher neuer Vervollkommnung. In der Folge der Zeiten und der Menschheiten unterscheiden sich nun Stufen. Zu jeder gehört eine optimale Akkomodation, und dazu immer wieder eine relative Wahrheit oder eine Welt, wie sie in Wahrheit ist und immer wieder zu bewähren in einer (wenn auch präsumtiv) einstimmigen Erfahrung. Der Erfahrung folgend (von der Erfindung dieser Akkomodation (an)), gewinnt die jeweilige Erfahrungswelt einen präsumtiven Sinn als Welt wie sie für unsere Akkomodation ist, aber zugleich als Welt, die durch immer neue Akkomodationen anders gegeben wäre, in anderen Stufen bewährbarer Wahrheit. Die Grundtatsache aller Akkomodation, „dasselbe in verschiedenen Vollkommenheitsstufen erfahren", überträgt sich auf die Akkomodationsstufen“.

Publication details

Published in:

Grigenti Fabio, Aurora Simone (2021) Fenomenologia e tecnica. Genève-Lausanne, sdvig press.

Pages: 11-20

Full citation:

Grigenti Fabio (2021) „Gli occhiali di Husserl“, In: F. Grigenti & S. Aurora (eds.), Fenomenologia e tecnica, Genève-Lausanne, sdvig press, 11–20.